venerdì 28 dicembre 2012

Scribd.com e Issuu.com, ovvero il modo migliore di condividere i vostri PDF


Oggi torno a parlare di piattaforme in vista di un post più corposo che mi vedrà tirare le somme dopo circa sette mesi di autoproduzione letteraria. Come insegna Konrath (autore statunitense di cui ho già parlato) elencherò le cifre inerenti i miei tre ebook, il mio blog e il mio sito Internet per capire dove si può migliorare e fare di più.

Ma veniamo al sodo: Scribd.com e Issuu.com sono due piattaforme ideate per caricare su Internet file di diverso formato, PDF inclusi. Insomma, se cercate un sito Internet dove mettere a disposizione di tutti i vostri testi, questi fanno al caso vostro. Rispetto alle dirette concorrenti presentano infatti numerosi vantaggi. Innanzitutto i loro servizi sono gratuiti - è sufficiente iscriversi per poter trasferire i propri testi che risulteranno così visibili a ogni utente. Inoltre, non c'è una data di scadenza come capita su altri portali dove i file sono scaricabili per un periodo breve (di solito 45 o 60 giorni). Unica "pecca": su Scribd, per poter salvare sul proprio PC un file di un altro utente, è necessario essere iscritti al portale - ma l'operazione ruba pochi minuti.

Qualcuno potrà domandare: perché caricare su Internet un PDF quando posso benissimo copiare il testo sulle pagine del mio sito o del mio blog, senza tante complicazioni? Ebbene, questo è uno dei primi insegnamenti che ho carpito dalla Rete all'inizio di quest'anno: le opere (siano esse brevi racconti, poesie o articoli giornalistici) devono essere scaricabili da Internet, e non semplicemente leggibili o disponibili.

La ragione è semplice: così facendo permetterete ai visitatori di scaricare il testo e archiviarlo sul proprio computer/tablet/cellulare in modo da poterlo leggere in un secondo momento, per esempio lungo il tragitto casa-lavoro o in viaggio. Ma non è solo la comodità del lettore che giustificherà tale scelta. Il file presente sul suo database rappresenterà infatti un memorandum costante della vostra esistenza, un incentivo alla lettura del testo e - allo stesso tempo - al download di ulteriori ebook o scritti. Per di più, è molto facile che l'utente condivida il testo con qualcun'altro grazie a un'e-mail o a un semplice copia/incolla, se sarà di suo gusto. Infine, vi sarà più facile tenere d'occhio il numero di download per capire che cosa piace di più ai vostri lettori.

Le piattaforme dedicate agli ebook in formato EPUB e MOBI (Smashwords, Stealth, Amazon,...) sono quindi sì importanti, ma non sottovalutate ciò che Scribd e Issuu possono fare i vostri file PDF. Il successo di voi, penne indipendenti in erba e non, passa anche da loro.

lunedì 3 dicembre 2012

Mauro Casiraghi, da Fazi Editore ad Amazon


Il post di oggi è dedicato a una nuova realtà. Dopo aver discusso di recente di autori passati dall'autoproduzione all'editoria tradizionale, oggi parliamo di una Penna che ha fatto il viaggio inverso e che contribuisce a rendere l'indipendenza letteraria sempre più possibile, sempre più degna di essere scelta. Stiamo parlando di Mauro Casiraghi, sceneggiatore televisivo ed esordiente per Fazi Editore con La camera viola nel 2007 e vincitore di due importanti riconoscimenti letterari l'anno successivo - il Premio Carver e il Premio Cassola.

In un'interessante intervista rilasciata a Bibliocartina, Casiraghi offre degli inediti scorci dell'editoria italiana. Innanzitutto i risultati commerciali dell'esordio con Fazi: "2000 copie cartacee ed altrettante in ebook"; un "discreto successo". L'ennesima dimostrazione che oggi, anche riuscendo a pubblicare con una casa editrice importante, non è evidente vendere ingenti quantità di libri.

Una seconda sorpresa deriva dal racconto di Casiraghi circa la caccia a un editore per la sua seconda opera, Un chilo di cenere. Una ricerca infruttuosa durata oltre un anno, e questo nonostante i contatti accumulati grazie all'esperienza con Fazi e il beneplacito di editor di punta. Tutti gli hanno confermato la validità del testo, nessuno sapeva come si sarebbe potuto promuovere un libro del genere sul mercato editoriale odierno.

Da qui la decisione di autoprodursi e affidarsi all'agenzia letteraria AC² Literary Agency, fondata dall'ex traduttrice Anna Mioni (qui un'intervista sulla sua carriera). L'esperienza di questa Penne indipendente può quindi essere istruttiva anche a livello di modus operandi, dato che le sue dichiarazioni comprendono dettagli sulla commissione destinata all'agenzia. "Pubblicando con Amazon ottengo in ricavato il 70% del prezzo di copertina, mentre il 30% rimanente lo trattiene Amazon. L’agenzia letteraria riceve invece il 10% del mio ricavato".

Rimpianti? Uno solo, quello di non poter produrre il romanzo in formato cartaceo. Una mancanza che potrebbe condurlo ad accettare in futuro la proposta di una casa editrice, ma tant'è: il dado è ormai tratto. La decisione di Casiraghi - sia essa motivata dall'impazienza di pubblicare o da ragioni di marketing, tutto è possibile - avvalora sempre di più l'ipotesi dell'autoproduzione in campo editoriale, a patto che sia vincolata dal lavoro di professionisti precedentemente assunti. Per concludere, rinvio a un'ulteriore analisi del caso Casiraghi da parte di Scuola Twain con approfondimento sull'attuale situazione editoriale in Italia e al lungimirante post di Antonio Tombolino, fondatore di Narcissus che spiega quali rischi e opportunità offre questo momento di crisi.

martedì 27 novembre 2012

Davide Cencini, un altro talento emergente e indipendente

Più passano i giorni e più il fenomeno dell'autoproduzione letteraria ed editoriale sembra acquistare vigore sul mercato italofono. Oltre al caso di Stefano Lanciotti (intervistato sulle pagine di questo blog pochi giorni fa) la Newton Compton ha messo sotto contratto un'altra Penna indipendente: Anna Premoli, autrice di Come inciampare sul Principe Azzurro. Un successo ancor più sensazionale se si considera che l'autrice non ha né un sito Internet, né una piattaforma di scambio pubblico - a tal proposito, se qualcuno avesse il suo contatto sarei felice di scriverle per chiedere anche a lei di raccontare la sua esperienza, un po' come ha fatto su Narcissus. Inoltre, un altro ebook autoprodotto si merita pagine Internet e cartacee del Corriere della Sera: Io amo Amy di Stefano Michelini.

Oggi parliamo di un altro autore indie emergente che dal mondo dell'autoproduzione (non autopubblicazione e self publishing, come leggerete nell'intervista) è arrivato all'editoria tradizionale grazie a una nuova realtà, la Ute Libri. Il suo nome è Davide Cencini, fumettista e scrittore che ha creato l'universo alla base del romanzo fantasy Darkwing. Se ne volete sapere di più, ecco il link al suo sito personale (io consiglio in particolare le pagine dedicate all'elaborazione delle copertine) e alla sua pagina Facebook. Ma ora bado alle ciance (o meglio, spazio alle ciance) ed eccovi l'intervista che - come vedrete - va molto in profondità e rende bene l'idea di quanto deve investire una Penna indipendente per fornire un prodotto il più professionale possibile.

Mattia Bertoldi - Quali motivi ti hanno spinto a scegliere la strada dell'autoproduzione nell'agosto 2010?

Davide Cencini - In parte ero stanco di aspettare dagli editori risposte che non arrivavano, ma soprattutto credevo nella forza dell'opera nel suo complesso. Volevo dimostrare che Darkwing valeva e secondo me il miglior modo era partire comunque e farlo vedere realizzato, anche per conto mio, sperando che prima o poi si smuovesse un interesse editoriale attorno al progetto... alla fine, ho avuto ragione.

MB - Quanto ti è costata la preparazione del manoscritto e della copertina prima della pubblicazione? E in termini di tempo, quali operazioni sono state le più dispendiose?

DC - Be' i costi ci sono stati, non lo nego, e abbastanza consistenti. Considera che in realtà cerco di portare avanti il progetto da anni e in questo tempo ho commissionato illustrazioni, stampato manoscritti e inviato plichi a destra e a manca, per cui complessivamente credo di aver speso almeno 1500 euro. Se parliamo della spesa nuda e cruda per il primo libro, ho speso 90 euro per la copertina illustrata (ma parliamo del 2007, oggi una copertina doppia come quella ne costa 300) e sui 600-700 euro per un'ottantina di copie stampate da POD su cui sono andato più o meno in pari con le vendite ad amici, parenti, colleghi e conoscenti. Altri soldi li ho spesi per spedire il manoscritto a diversi editori e registrarlo alla SIAE. Purtroppo è praticamente impossibile guadagnare in questo modo, al massimo si può riuscire a non rimetterci, perché i costi di stampa per tirature basse sono piuttosto alti, specie se fai libri come i miei da 500-700 pagine... ma non si può mettere un prezzo di copertina oltre i 20 euro o non te lo compra nessuno.
In termini di tempo ne ho speso molto per l'editing e la realizzazione grafico-artistica, io e mia moglie abbiamo perfino realizzato da soli il logo della serie che poi è stato mantenuto identico nell'edizione ufficiale, e c'è stato anche parecchio lavoro di character design.

MB - Tu nasci come fumettista. Conoscevi già l'universo dell'autoproduzione, componente fondamentale nel mondo dei comics?

DC - Personalmente non mi sono mai autoprodotto nel campo del fumetto, ma lavorandoci da tempo conosco un po' la realtà dell'editoria self. La differenza più profonda tra l'autoproduzione fumettistica e quella libraria, ritengo sia la considerazione che è riservata nell'ambiente agli autori che scelgono questa strada.
Nel fumetto, l'autoproduzione è considerata un valore aggiunto che può fare da trampolino di lancio per una nuova idea; se gli editori hanno paura di rischiare un flop con un'opera che sembra troppo fuori dagli schemi, un autore può dimostrarne il valore autoproducendola. Oggi poi c'è Internet, "e un potente alleato essa è", come direbbe Yoda. Se l'ìdea funziona si affermerà e a quel punto scatterà quasi sicuramente l'interesse di un editore disposto a investire; potrei citare un caso recente, il webcomic "Davvero" di Paola Barbato a cui ho collaborato anch'io e che è stato preso dalla Star Comics, o l'esilarante Zerocalcare che sta spopolando con la Bao. Questo "giro di prova" all'editore non costa niente e permette di testare in concreto una nuova proposta. Ci sono casi di fumetti autoprodotti che si sono coperti di gloria, faccio un nome su tutti, "Bone" di Jeff Smith. Il fumetto accoglie gioiosamente questa forma di pubblicazione e gli offre risalto, non a caso da anni Lucca Comics presenta un'area Self tutta dedicata alle autoproduzioni.
Al contrario, nel campo dell'editoria libraria ho trovato atteggiamenti contrastanti, che vanno dal rispetto alla curiosità all'ostracismo aperto. Addirittura c'è chi osa equiparare l'autoproduzione all'editoria a pagamento; no, no, NO! Ogni volta che sento una cosa simile, ci perdo le staffe. L'editoria a pagamento è una truffa legalizzata, l'autoproduzione è cosa ben più nobile, parliamo di autori che credono nella propria idea al punto di voler diventare editori di se stessi e tale iniziativa andrebbe lodata, non deprecata. Invece a volte ci si ritrova davanti a editori che ti guardano inorriditi se gli dici che ti sei autoprodotto. Ritengo che questo sia un atteggiamento arcaico e ottuso derivante da un bisogno di monopolio, che punisce la forma invece di valutare il merito. Merito che naturalmente va valutato caso per caso, non è detto che l'autore "self" abbia partorito una cosa degna di pubblicazione, ma il punto è che non va scartato a prescindere per questo.

MB - Come hai promosso il libro, una volta caricato in Rete? Su quali canali l'hai diffuso?

DC - Principalmente tramite passaparola, amicizie e alcune recensioni su blog di settore. Purtroppo ero limitato dalla mancanza di un servizio di distribuzione, ora ce l'ho e posso promuovermi più efficacemente anche attraverso i social network. In fase di autoproduzione ho evitato di distribuirlo in ebook per evitare che il testo fosse piratato.

MB - Quali riscontri hai ottenuto dall'agosto 2010 al dicembre dello stesso anno, quindi durante i primi cinque mesi di vita dell'opera?

DC - Credo un centinaio di copie, in varie tirature, tra il primo libro e la pre-release del secondo... non ho tenuto il conto esatto.

MB - E come sono invece cambiate le cose nel periodo successivo? A quanto ammontano i download ora?

DC - Questo dovresti chiedermelo tra qualche mese, visto che l'ebook è uscito questa settimana! I dati sono in mano ai promotori che non comunicano direttamente con me, penso che l'editore mi darà un primo resoconto tra sei mesi/un anno.

MB - Come sei entrato in contatto con la Ute Libri - sono loro ad averti avvicinato o viceversa?

DC - Mi hanno contattato loro. Ute è una novità nel panorama editoriale italiano, partita a settembre 2012 quindi nuova di zecca, ma molto ben organizzata; pur non essendo una "major" riescono a lavorare con una distribuzione a livello nazionale. Cercavano un progetto fantasy per la startup, un giorno un loro editor è capitato sul sito di Darkwing, e da semplice lettore, senza dirmi chi fosse, ha ordinato una copia del libro; lo ha letto, gli è piaciuto e mi ha chiesto se ero interessato a farlo valutare. Alla fine è stato scelto tra i vari progetti che avevano in ballo.

MB - Si sono mai espressi sulla tua decisione di autoprodurti? Lo hanno ritenuto un vantaggio, uno svantaggio,...?

DC - Non gli è importato nulla. Anzi, semmai potrei dire che hanno avuto l'intuizione di capire che un libro che è già passato nel canale dell'autoproduzione e ha dimostrato con le sue sole forze di poter guadagnare qualche lettore e qualche buona recensione, è già un cavallo un po' più sicuro su cui scommettere di un completo sconosciuto. Mi hanno chiesto solo di togliere dalla circolazione la versione autoprodotta, come è giusto e naturale. Questa apertura mentale mi ha molto sollevato dato che in passato un editore che aveva valutato positivamente il romanzo aveva comunque declinato la pubblicazione perché secondo lui "il libro aveva già avuto una diffusione, seppur minima, e non era una novità assoluta"; è un atteggiamento che non capisco, come se qualche decina di copie facessero la differenza tra un successo e un fallimento; per fortuna non tutti la pensano così.

MB - Cosa consiglieresti a un giovane autore di fantasy - di autoprodursi o di tentare la via tradizionale?

DC - Anche se è difficile trovare sbocchi, consiglio di cominciare sempre dai canali tradizionali e poi, se non riescono a spuntarla, tentare l'autoproduzione. Io ho fatto così. Autoprodursi significa assumere in parte i compiti di un editore, una cosa che non tutti sono in grado di fare. Scrivere diventa il meno; bisogna preoccuparsi personalmente di editing, grafica, cercare la tipografia o il servizio che ti fa un buon lavoro senza farti spendere troppo; se vuoi fare bella figura dovrai pagare di tasca tua un illustratore o un fotografo per realizzare una copertina che ti faccia apparire professionale. Poi c'è il problema della distribuzione, che spesso è manuale (anzi, pedonale!), e la promozione su internet ti porta via tantissimo tempo.
Insomma, bisogna essere consapevoli che questa strada richiederà un grande lavoro. Non è una stupidaggine; molte autoproduzioni restano invisibili per questo. Oltre che faticoso e costoso, autoprodursi un libro è rischioso, perché come dicevo prima, c'è il rischio che gli editori non ti accettino o ti scambino per un autore che ha pagato per pubblicare. Io ho fatto un po' un salto nel buio con questa decisione, potrei dire addirittura che è stata una scelta incosciente; mi è andata bene, ma avrei potuto con altrettanta facilità bruciarmi l'esordio o finire nella trappola dell'editoria a pagamento. Per cui, meglio spedire qualche manoscritto e aspettare un annetto, poi se nessuno risponde va benissimo autoprodursi, a quel punto però se si vuole avere successo bisogna farlo con assoluta convinzione.

MB - Quali sono, a tuo parere, i fattori determinanti che ti hanno permesso di passare dall'autoproduzione all'editoria tradizionale?

DC - Sicuramente il fattore qualità; non parlo solo della qualità del testo in senso stretto, dove ritengo di poter ancora migliorare, ma anche del lavoro fatto per dare al progetto una veste professionale, che inizialmente è la prima cosa a suscitare interesse. Poi c'è una profonda cura sotto l'aspetto narrativo, uno stile di scrittura visivo e un'ambientazione molto dettagliata che credo abbiano convinto l'editore a investire su un esordiente.
Il consiglio che do a chi si autoproduce, è che se si vuole lanciare una nuova proposta, è ESSENZIALE che al pubblico appaia solida. Nessuno si interesserà a un libro che si presenta male perché immaginerà che il testo sia altrettanto scadente. Bisogna curare la veste quanto il contenuto. Partite dalla copertina e assumete un professionista, che sia un illustratore, un fotografo o un semplice grafico, ma che ci sappia fare. Non trascurate titolo, quarta di copertina, impaginazione. Prendete a modello un prodotto editoriale fatto bene e imitatelo. E per l'amor di Dio cercate su Internet un editor che vi corregga i testi, o farete la figura dei dilettanti - io ancora mi mangio i gomiti per i refusi che c'erano nella prima edizione di Darkwing! Se fate una cosa fatta bene, nel momento in cui darete il vostro manoscritto a un potenziale editore avrete molte più possibilità che non finisca nel cestino o a prendere polvere in uno scatolone!

venerdì 16 novembre 2012

Passo #7: domandare e ottenere recensioni


Una buona recensione è probabilmente lo strumento più potente a disposizione dello scrittore, e questo non in virtù della possibile promozione che potrebbe fargli. Ricevere un commento oggettivo relativo alla propria opera è un grande dono poiché permette di capire cosa va e cosa non va, di soppesare nuovamente il valore del testo e di rimetterlo in discussione. Non conosco un metodo migliore per migliorare.

Per l'autore autoprodotto, il problema sta nel trovare persone disposte ad assumersi questo incarico. Chiedere un parere ai professionisti del settore (critici, giornalisti specializzati,...) è un'impresa dura poiché l'impressione generale è che molti rifiuteranno l'incarico vuoi per diffidenza, vuoi per principio. Un editor può fornire una valutazione, ma a pagamento. I blog letterari più autorevoli (qui una lista) di solito si concentrano su autori affermati. Internet, invece, presenta molti portali di persone che fanno questo per piacere e passione, cosa che rende il loro giudizio ancor più disinteressato. Il che è un bene.

Dal momento che in Rete non si trova una lista con gli internauti italofoni disposti a dare spazio ai libri indipendenti (o indie) come capita negli Stati Uniti, be', ve la propongo io. Questo è il frutto di qualche ora di ricerche effettuate sui portali di Penne indipendenti di punta, siti di recensioni editoriali e lit-blog. Qualora avessi dimenticato qualcuno, segnalatamelo nei commenti: non mancherò di includerlo!

La lista dei siti dove i libri autoprodotti (o indipendenti, indie, 
autopubblicati, frutto del self publishing, ecc.) ottengono recensioni

  • ScrittorIndipendenti: uno dei siti più autorevoli nel mondo dell'indipendenza letteraria italofona; è aperto anche a chi vuole collaborare e i fondatori sono disponibili non solo a recensire le opere, ma anche a offrire consigli alle Penne indipendenti;
  • Sulle Parole: sito molto attento alla realtà indie che di recente ha pubblicato la prima intervista a Stefano Lanciotti, una delle prime Penne indipendenti ad aver strappato un contratto a una grossa casa editrice (se ne è parlato in questo post);
  • SognandoLeggendo: attivo da cinque anni, raggruppa recensori che presentano o giudicano le opere proposte dagli autori. La responsabile è Nasreen, studentessa universitaria già collaboratrice di Scrittevolmente e Fantasy.it, quindi se avete opere appartenenti a quest'ultimo genere lei è la persona che fa per voi;
  • La Stamberga dei Lettori: lit-blog piuttosto noto nel settore che mette a disposizione degli autori una platea di recensori che si dicono interessati o meno al titolo una volta proposta la sinossi via e-mail. Il sito è aperto anche ad autoproduzioni ma - come si legge nella pagina di presentazione - queste vengono analizzate attentamente per verificare che rispettino "gli standard minimi della grammatica italiana" (grazie a Rumigal per la segnalazione);
  • Sole e Luna: blog gestito da due giovani autori che mirano a promuovere opere di autori esordienti e/o di case editrici appena nate grazie a recensioni e interviste. I due fondatori sono inoltre disposti a lavorare sull'editing del vostro testo a prezzo modico;
  • Il Forum di Narcissus: offre una sezione dedicata all'autopromozione e rivolta esclusivamente agli autori autoprodotti - come sapete, Narcissus è artefice della piattaforma Stealth di cui abbiamo già parlato. Diversi membri sono a disposizione per leggerli e lasciare un commento, come è capitato a me nel caso di Quelli del bar Bocc;
  • StarBooks: un lit-blog che assume le sembianze di un caffè virtuale, a partire da nome e logo. Qui non si fanno recensioni, ma lo segnalo lo stesso poiché è aperto a tutti coloro che vogliono partecipare con post di al massimo 999 battute e/o caricare opere indie da scaricare gratuitamente. Nello staff vi sono persone attive nella piccola-media editoria che tengono gli occhi bene aperti sugli esordienti promettenti. Volete una prova? Guardate cosa è successo a due autrici (Laura Costantini e Loredana Falcone) che hanno caricato qui un loro testo il settembre scorso...
  • Il forum di Writer's Dream: qui le regole sono molto ferree, le Penne indipendenti sono autorizzate a promuovere la propria opera in un'apposita sezione solo se scaricabile gratuitamente. Tra i membri iscritti, tuttavia, ce ne sono molti disposti a leggere e a commentare/recensire i testi - per i regolamenti si legga qui (grazie a Carlotta per la segnalazione);
  • Rivista Intelligente: un sito multicontenitore dalla grafica accattivante che si mette a disposizione per leggere e valutare opere indie. Verranno recensiti solo i testi più apprezzati (grazie a Giovanna per la segnalazione);
  • Storia Continua: propone iniziative letterarie piuttosto interessanti e un programma di "adozione ebook" aperta anche agli autori autoprodotti che possono così raccogliere pareri e commenti;
  • Libri da Leggere: il portale propone una sezione dedicata agli autori che intendono promuovere il proprio libro raggiungibile a questo link;
  • Roba da Scrittori: il sito non è molto aggiornato, ma merita comunque una menzione.

lunedì 5 novembre 2012

Intervista a Stefano Lanciotti - Da Penna indipendente ad autore pubblicato


Poco tempo fa, parlando di Amanda Hocking, mi chiedevo quando il mercato italofono avrebbe trovato il suo primo autore autoprodottosi capace di raggiungere un successo tale da convincere un editore tradizionale a puntare su di lui. Un argomento risollevato in occasione della mia conversazione con Rosario Maria Oliveri all'interno del suo podcast (si veda il link qui a sinistra).

Ebbene, ce l'abbiamo. Habemus Amanda Hocking. Il suo nome è Stefano Lanciotti, classe 1967, di professione ingegnere. La sua prima pubblicazione autoprodotta risale a un anno fa: il 5 novembre 2011 l'autore caricò il thriller Phönix su iTunes e lo mise a disposizione gratuitamente. I numerosi download lo convinsero a pubblicare altre quattro opere (tre fantasy e un thriller) a pagamento. Maggiori informazioni sulla sua escalation di successi sono disponibili sul suo sito.

A inizio ottobre di quest'anno la svolta: la Newton Compton si fa avanti e compra i diritti per pubblicare Phönix. Oltre alla conferma che le grosse case editrici si interessano anche di Penne indipendenti senza ignorarli o disprezzarli, si tratta probabilmente del più rilevante traguardo mai raggiunto da un autore autoprodotto sino a ora, e per di più a meno di un anno dall'esordio. Dopo l'intervista di Sarah Iles su sulleparole.it (un sito di cui parlerò ancora a breve) ho voluto sottolineare l'importanza di questo passaggio con un'ulteriore chiacchierata via mail. Ringrazio quindi Stefano per le interessanti risposte e vi invito a leggerla.


Mattia Bertoldi - Quando hai ricevuto l'offerta di Newton Compton, hai avuto qualche esitazione oppure hai subito pensato di dire sì? 
Stefano Lanciotti - Ho avuto qualche esitazione, ma non fraintendermi: non è perché me la tirassi. Il motivo era legato al contratto che mi proponevano, nel quale c’era una clausola che mi obbligava a dare loro la prelazione per i miei romanzi per i prossimi cinque anni. Non avendo un agente o un esperto della materia che mi consigliasse, mi sono chiesto se questa clausola non fosse troppo vincolante. Alla fine siamo giunti a una sorta di compromesso, ma soprattutto mi sono detto che era un’occasione troppo importante per lasciarmela sfuggire…

MB - Tu sei un autore autopubblicato con migliaia di lettori; cosa pensi che guadagnerai consegnando i tuoi manoscritti a una casa editrice e cosa invece perderai in termini di libertà?
SL - Di certo guadagnerò in visibilità (i lettori su carta sono ancora la stragrande maggioranza e Newton ha una distribuzione capillare) e in “credibilità” perché l’autopubblicato è visto come un figlio di un dio minore, uno sfigato che non trova un editore. Perderò la possibilità di gestire da solo tutta la produzione, compresi i tempi di pubblicazione e la scelta delle copertine. Tanto per fare un esempio, sto ultimando il terzo libro della serie Nemmera, con protagonista Sara Kohn. Nelle previsioni precedenti alla firma del contratto, avrei dovuto pubblicarlo prima di Natale, appena finito l’editing. In realtà rimarrà nel mio computer finché Newton non pubblicherà Phönix e poi deciderà la strategia per Nemesis e i romanzi successivi, quindi penso almeno un anno.

MB - Com'è arrivato il tuo nome a Newton Compton? Uno dei tuoi ebook è finito nelle mani (o nel reader) di uno dei loro agenti, oppure è successo in maniera diversa?
SL - Non lo so con certezza. Io non ho mai inviato nulla, finché non mi hanno contattato loro chiedendomi i miei romanzi. Credo che abbiano notato il mio nome costantemente tra i cinquanta ebook più venduti di iTunes durante l’intero 2012, ma, ripeto, non ne sono certo.

MB - Sei uno dei primi autori indie a raggiungere il traguardo della pubblicazione con una grande casa editrice; pensi che la tua storia possa essere da esempio per il futuro del settore, un po' come Amanda Hocking negli States?
SL - Forse sì, anche se Italia e Stati Uniti sono lontani anni luce. In America uno scrittore autoprodotto che venda veramente tanto può anche pensare di rimanere tale, visti i numeri. In Italia il mercato è molto più piccolo, se vuoi avere successo credo che un editore forte alle spalle sia quasi inevitabile.

MB - Cosa rispondi a chi sostiene che le opere autopubblicate sono solo robaccia scritte da disperati che sono stati rifiutati innumerevoli volte?
SL - Che in molti casi è così, perché ovviamente l’autopubblicazione toglie il “filtro” della casa editrice e quindi permette a chiunque di raggiungere il pubblico. Per fortuna questo mondo si sta organizzando e cominciano a nascere siti e forum dove trovare recensioni che permettono al lettore di  orientarsi. Uno cui partecipo anche io è www.scrittorindipendenti.com (anche di questo sito parlerò in un prossimo post, NdR), ma immagino ce ne siano anche altri.

MB - Pensi che andrai avanti mantenendo il ruolo di autore indie ed edito, oppure la Newton avrà diritto di prelazione su tutte le tue opere?
SL - La Newton ha voluto avere il diritto di opzione sulle mie prossime opere, ma questo non significa molto. Se non dovessero essere adatte alla loro linea editoriale e non dovessi trovare altri editori, continuerò a proporre i romanzi per conto mio.

MB - Con i primi dati di download a quattro zeri tra le mani, pensavi di arrivare a una grossa casa editrice oppure ti vedevi come autore autoprodotto anche sul medio/lungo termine?
SL - Ero in attesa di vedere come procedevano le cose. È chiaro che mi domandavo come mai qualche casa editrice non fosse quantomeno incuriosita da me, ma non avevo grandi aspettative tanto è vero che stavo pianificando anche altre cose (tipo traduzioni in altre lingue) per conto mio.

MB - Oltre al fatto che la tua prima opera era gratuita (cosa che ha portato alle ottime vendite del secondo volume) quali altre strategie ti hanno portato a un tale risultato? Qualche consiglio da dare agli autori indie?
SL - Il mettere a disposizione una o più opere gratuitamente è la parte centrale della mia strategia. Ha il vantaggio di avvicinare persone che non comprerebbero mai un tuo romanzo, non conoscendoti. In più io ho cercato di coinvolgere i lettori chiedendo loro, in cambio dell’ebook gratuito, di farmi pubblicità su Facebook o tra amici e colleghi. La cosiddetta “pubblicità virale”, che secondo me è molto efficace.

MB - Avresti preferito che la Newton Compton ti ingaggiasse qualche anno fa, quando spedivi i manoscritti alle case editrici oppure è stato meglio arrivarci dopo aver scelto la strada dell'autoproduzione? Che cosa hai imparato in questi mesi?
SL - È una bella domanda, alla quale non so dare una risposta. Diciamo che non avendo avuto alcun riscontro con i “metodi tradizionali”, ho rischiato di mollare e di fatto, in preda allo sconforto, non ho scritto nulla per quasi due anni. D’altra parte l’aver avuto successo come autoprodotto mi ha dato una forza e una consapevolezza maggiori e tra l’altro mi ha messo a contatto diretto con le persone che mi leggono.

MB - Che cosa ti hanno detto quelli della Newton Compton sulla tua scelta di autopubblicarti? Erano scettici? Temevano che le copie vendute avrebbero influenzato le vendite oppure lo vedono come un vantaggio a livello di promozione?
SL - Non ne abbiamo parlato. Credo che loro considerino ancora il mercato dell’ebook piuttosto marginale, non in grado di intaccare le vendite del romanzo cartaceo, ma non lo so con certezza. Quello che posso dire è che ho notato un rispetto che non mi aspettavo nei miei confronti. Mi è sembrato di percepire che mi volessero fortemente nella loro squadra e questo è stato molto gratificante.

sabato 20 ottobre 2012

Cosa pensano i VIP dell'autoproduzione: le opinioni di Michela Murgia e Aldo Busi


L'editoria tradizionale e l'autoproduzione letteraria sono due realtà molto distanti. Da una parte gloria, premi letterari prestigiosi e distribuzione in centinaia di librerie; dall'altra l'anonimato, la fatica nel farsi leggere e il perenne sospetto che si tratti di robaccia piena di errori e refusi. Una sfida impari.

Qualche giorno fa sono stato intervistato da Rosario Maria Oliveri per il suo podcast "Narrativa Digitale" (trovate il link anche qui a fianco) e, citando un mio post su Amanda Hocking, mi ha chiesto quando il mercato italofono avrà una Penna indipendente in grado di calamitare l'attenzione del grande pubblico e dei media. Una figura carismatica che sappia avvicinare i due mondi e dia dignità letteraria all'autoproduzione, un po' come successo negli States con J.A. Konrath.

In tutta risposta, ho avanzato un'altra idea: e se fosse un autore già affermato ad abbandonare l'editoria tradizionale per abbracciare l'indipendenza? Poi, complice un paio di parole chiave immesse su Google Alert grazie alla pulce infilatami nell'orecchio da Rosario, sono venuto a contatto con due testi di altrettanti autori affermati dove prendono posizione nei confronti degli autori indie e delle pubblicazioni digitali/ebook. E ho constatato che i due universi, per ora, sono ancora troppo lontani.

Il primo scritto è tratto dal sito di Liberos (un'associazione volta a promuovere la letteratura in Sardegna) e vede come protagonista Michela Murgia; è intitolato "Perché diciamo no agli autori di narrativa self published". Il post in questione scinde innanzitutto l'autoproduzione in due metà: una lecita e giusta, una sbagliata e sconsigliata.

Ci era molto chiaro anche il fatto che alcuni tipi di pubblicazione, per ragioni storiche o per assenza di mercato, sono da sempre obbligate a ricorrere al self publishing per continuare a esistere. Nel fumetto e nell'illustrazione, per esempio, l'auto-pubblicazione agli esordi è la norma. [...] Gli autori che contribuiscono alla bibliodiversità con queste produzioni fragili sono benemeriti e possono iscriversi a Lìberos senza la minima restrizione.

La Murgia prosegue quindi dicendo che nel campo della narrativa, al contrario, i canali per pubblicare esistono e sono percorribili.
Partendo dal presupposto che Liberos è libera (e ci mancherebbe) di perseguire questa scelta, a mio parere è pericoloso distinguere l'autoproduzione giudicandola consentita o meno in base al settore artistico di appartenenza, poiché anche in campo narrativo è possibile individuare generi più o meno vendibili al grande pubblico - cito due estremi: chick lit da una parte e il clockpunk fantasy dall'altra). Dal momento che uno decide di evitare i normali canali di vendita (ipotizziamo l'editoria tradizionale) non importa se si tratta di un fotografo, un fumettista o un romanzo: lo attenderanno le medesime sfide.

Le distinzioni in campo indie, tuttavia, proseguono. Scrive la Murgia:

La musica indie si sviluppa in un contesto di controcultura che si contrappone orgogliosamente alle grandi reti commerciali e alla produzione mainstream. Gli autori di narrativa auto-prodotta hanno la visione opposta: nel mainstream non vedono l'ora di entrarci. Auto-pubblicatisi in nome della filosofia dell'individualità, non hanno poi alcuna remora a rivolgersi alla comunità editoriale (librai, bibliotecari, giornalisti culturali, altri autori, reti di lettori) per promuoversi. Chi chiede di iscriversi a Lìberos come autore di narrativa auto-prodotta in fondo sta dicendo a noi tutti: "per essere edito bastavo io; adesso voi mi servite per essere letto.

E qua si va a toccare una generalizzazione che, siamo d'accordo, oggigiorno può rappresentare il 90% degli autori autopubblicati, ma non il 100%. Lo chiamerei lo "stereotipo del piano B", cioè la convinzione comune che se uno si autoproduce lo ha fatto poiché rifiutato dalle case editrici tradizionali, probabilmente in preda a rabbia e voglia di rivalsa. Ma c'è chi effettua questa scelta fin dall'inizio con orgoglio, per una serie di ragioni che ho toccato in diversi post. E se il successo arriva, non è scontato che decida di cedere alle lusinghe dell'editoria tradizionale: lo dimostra ancora una volta l'esempio di J. A. Konrath. E per quanto riguarda il "rivolgersi alla comunità editoriale", la Penna indipendente lo fa perché al centro di tutto questo universo non c'è l'editoria, ma il libro e - se scaviamo ancora di più - una storia. Un libraio non lavora per offrire prodotti made in Mondadori o Feltrinelli, lavora per offrire storie valide ai suoi clienti. Se queste sono di qualità sia a livello di forma, sia di contenuto, la provenienza non ha importanza.

Su una cosa l'autrice ha comunque ragione: l'indipendenza letteraria non gode ancora della storia e del passato del medesimo movimento in campo musicale, e di questo ho parlato in un post di qualche settimana fa. Ci vorrà tempo per elevare il fenomeno a uno status degno di rispetto.

Dalla Murgia a un altro autore conosciuto e di successo come Aldo Busi. Mi sono imbattuto in questo interessante post di Manilo Cammarata sull'ultima opera dello scrittore che, in un'intervista a Repubblica, ha affermato di aver rinunciato a cedere i diritti a Mondadori e Giunti. In questo caso è interessante notare la poca dimestichezza di Busi con le potenzialità dell'indipendenza e dell'editoria digitale, e questo nonostante ambisca a una nuova libertà letteraria (Come scrittore non mi sento rappresentato da ere e ere fa). Afferma infatti:

Il romanzo potrei buttarlo in Internet, se non fosse per il rischio che qualcuno modifichi il testo, e per quello di cause legali, nel caso venisse in mente a qualcuno di farle...

Nell'intervista si parla di un anticipo di 200 mila euro e Busi ha oggi 64 anni. Difficile che l'autoproduzione possa portargli così tanto, difficile che decida di interessarsi all'argomento alla sua età. Ma è interessante notare, come nel caso della Murgia, che l'autoproduzione non goda di grande fama tra questi due VIP della letteratura e che le potenzialità di Internet non siano così conosciute.

L'avvicinamento tra la realtà di questi scrittori e quella degli autori autoprodotti richiederà ancora molto tempo, ed è per questo che credo sia più semplice che una Penna indipendente riesca ad affermarsi dal basso, piuttosto che vedere un romanziere già pubblicato da una grande scendere dall'Olimpo. Ma come si dice: chi vivrà, vedrà.

martedì 2 ottobre 2012

Mondadori e Kobo, un matrimonio che cambierà le cose in Italia


Tanto per citare un film di qualche anno fa, nel mondo degli ebook qualcosa è cambiato. Ma questa volta per davvero. Dopo tanti mesi spesi a parlare di libri digitali e della loro potenzialità alle nostre latitudini, pare proprio che il formato sia destinato ad affermarsi anche sul mercato italofono, con conseguente beneficio per le Penne Indipendenti. E questo grazie a un grande editore come Mondadori.

Poche settimane fa Amazon ha annunciato i suoi nuovi lettori che cercheranno di guadagnarsi una nuova fetta di mercato, quella dei tablet low cost (tra i 99 e 199 euro circa), e oggi Mondadori accoglie nelle proprie librerie - circa 350 - i nuovi dispositivi della Kobo, marchio canadese ceduto poco tempo fa alla giapponese Reutken e conosciuto fino a oggi soprattutto oltre Oceano. Allo stesso tempo il gruppo editoriale metterà a disposizione degli utenti un catalogo comprendente oltre milioni di libri, di cui 60 mila in italiano. Saranno felici gli autori autoprodotti che hanno scelto Smashwords: grazie a questa piattaforma, la diffusione del proprio volume su Kobo è garantita.

La decisione da parte del colosso editoriale italiano di gettarsi nel mercato dei libri digitali è sintomatica: dopo anni di tentennamento, è chiaro ormai a tutti che questo è il futuro della letteratura. Come già detto in questo blog ciò non significa che i file stermineranno la produzione cartacea, ma la affiancheranno. E a guadagnarci saranno tutti i lettori, nessuno escluso. E alcuni editori. I più lungimiranti, almeno.

Kobo approda in Italia con tre dispositivi: fin da ora il pubblico può comprare a 99 euro Touch, schermo da sei pollici e superficie sensibile al tocco delle vostre dita. Poi arriveranno Glo (con schermo illuminato ma NON retroilluminato) e Mini (appena cinque pollici, dieci centimetri per undici centimetri, con WiFi - il più piccolo lettore al mondo), rispettivamente a 129 e 79 euro. Tutti saranno in grado di leggere file EPUB, MOBI e PDF. Il lancio garantirà ai nuovi acquirenti di scaricare gratis tre libri da una selezione di nove bestseller che includono 1Q84 di Murakami, Cinquanta sfumature di grigio di E. L. James e L'inverno del mondo di Ken Follett. Sarà un forte traino, se si considera che tre volumi del genere possono costare oltre i 50 euro.

Per concludere: oggi è una data memorabile. Complice il mercato natalizio, l'ebook ha la possibilità di sfondare e affermarsi definitivamente in Italia dando ancor più energia al movimento dell'autoproduzione letteraria. Cito il mio esempio: ho pubblicato tre ebook su Smashwords, Amazon e il circuito Stealth e ora sono tutti già presenti sulla piattaforma di Mondadori (Sulle tracce di Re Artù e 690 anni dopo e altri racconti  a titolo gratuito, Quelli del bar Bocc a 99 centesimi). E come me, molti altri autori possono beneficiare indirettamente degli sforzi promozionali messi in atto dalla grande M in questi giorni. Un impegno percepibile da tutti, perché i Kobo verranno pubblicizzati soprattutto in libreria dove - secondo le promesse - gli utenti potranno acquistare non solo i lettori ed eventuali accessori, ma anche gli ebook grazie a connessioni senza fili e all'aiuto dei commessi. A differenza di Amazon, quindi, Mondadori promuove l'ebook nei negozi fisici, dando nuovo impulso al passaparola tra la gente che sa ancora poco o nulla dei libri digitali. Se a ciò aggiungiamo il basso costo dei dispositivi e il catalogo a disposizione be', sembra proprio vero: qualcosa è cambiato.

domenica 23 settembre 2012

"Let's Get Digital", la guida-manifesto di David Gaughran


Se avete interesso per il fenomeno dell'autoproduzione letteraria e siete alla ricerca di un saggio che comprenda consigli, suggerimenti e testimonianze di chi è riuscito a sfondare, Let's Get Digital è l'ebook (in inglese) che fa per voi. Realizzato da David Gaughran - Penna Indipendente britannica 34enne - ha un sottotitolo che è tutto un programma: "How to Self-Publish, and Why You Should" (come autopubblicarsi, e perché dovreste farlo).

Gaughran non ha alle spalle l'impressionante corpus letterario degli statunitensi J. A. Konrath e Amanda Hocking (due autori di cui ho già parlato qui e qui), dato che ha dato alle stampe (digitali) solo un romanzo storico e due racconti. Tuttavia, è riuscito a realizzare un saggio/guida che ha tutti i crismi per diventare un manifesto. Il testo è disponibile su Amazon a due sterline o su Smashwords a cinque dollari (ma la versione PDF è gratis!) e se volete un assaggio condito da qualche extra basta andare sul suo sito - il che rappresenta pure un ottimo esempio di portale Internet per un autore letterario.

Le diverse sezioni di http://davidgaughran.wordpress.com raccolgono interi capitoli di Let's Get Digital, a partire da "Basics" che spiega in poche righe tutto ciò che bisogna sapere sull'autoproduzione, dal caricamento online del testo alla promozione via reti sociali. Il discorso sull'indispensabilità di un blog è invece sviluppato in una pagina a parte, mentre se volete approfondire le vostre conoscenze sulla formattazione, c'è una sezione dedicata con diversi link interessanti. Stesso discorso per la questione del prezzo da affibbiare alle proprie opere, argomento al quale è dedicata una pagina con riferimenti di Gaughran alla propria produzione.

Come ultima chicca, infine, consiglio la pagina legata alle "Covers" dove l'autore non si limita a sottolineare l'importanza di una buona copertina sul mercato digitale, ma racconta l'evoluzione grafica della copertina del racconto Transfection e le motivazioni che hanno portato al risultato finale. Lo fa da neofita, dato che il lavoro è stato eseguito dalla sorella designer. Un racconto semplice ma istruttivo, specie per chi si diletta con la scrittura ma utilizza ancora Paint per modificare le immagini - vedi il sottoscritto. Un percorso passo-passo che non è raccolto in Let's Get Digital e vale sicuramente la visita sul suo sito.

martedì 4 settembre 2012

Perché gli scrittori indie sono sempre gli ultimi della classe?

In occasione di un recente scambio digital-epistolare con Rosario Maria Olivieri (ideatore e autore del blog/podcast Autore da Quattro Soldi, che raccomando a tutti), è emersa una questione interessante: come mai gli autori indie in campo letterario non sono rispettati quanto quelli che periodicamente si affermano in campo musicale, cinematografico e videoludico? Considerate le migliaia di variabili in gioco è impossibile dare una risposta univoca, ma è interessante ragionare su questo confronto per sviscerare le problematiche presenti attualmente sul mercato italofono. Ecco quindi sette ostacoli per i quali, a mio parere, l'autoproduzione letteraria fatica a imporsi nella nostra società.
  • Ostacolo di tipo tecnologico: il consumatore ha a che fare non solo con un nuovo prodotto, ma anche con un nuovo medium. L'affermazione dell'autoproduzione letteraria è legata a doppio filo con la diffusione dell'ebook, ma questa dipende fortemente dalla distribuzione degli ebook reader. A differenza quindi del mondo della musica, del cinema e del videogioco in cui è il prodotto indipendente a determinare la novità, ma non il medium con il quale lo si riproduce, in campo letterario sarà il successo degli apparecchi a tecnologia e-ink a influenzare il corso dei libri digitali. I problemi scaturiscono dal dibattito quasi ideologico nato e sviluppatosi anche sulle pagine dei media: fascino del libro VS ultima tecnologia, profumo della carta VS freddezza digitale, tradizione VS innovazione. Uno scontro inesistente dato che nessuno garantisce che gli ebook reader soppianteranno i volumi cartacei. Un apparecchio digitale può benissimo affiancare la lettura tradizionale, senza mire espansionistiche. Non a caso i principali fruitori di ebook sono attualmente i lettori forti, quelli che leggono più libri al mese e che non hanno paura di spaziare dalla carta al digitale a dipendenza del testo. Io, ad esempio, leggo narrativa inglese e produzioni indipendenti su ebook reader e narrativa italiana tradizionale su carta.
  • Ostacolo di tipo tecnologico II: in pochi hanno preso veramente in mano un ebook reader. Tutti parlano di lettori digitali di questo tipo, ma in pochi hanno avuto modo di provarne uno. E non fatevi ingannare dalla diffusione dei tablet: leggere un testo su un dispositivo dedicato è qualcosa di totalmente differente. A detta degli esperti (e la mia esperienza personale lo dimostra), solo avendone uno in mano per qualche minuto è possibile carpirne tutte le qualità. Come testimoniano le classifiche di vendita online (Amazon su tutti), per affermarsi l'autoproduzione letteraria deve sfruttare soprattutto gli ebook poiché il mercato digitale offre spazio e margini di manovra (la libertà di decidere il prezzo, ad esempio, dato che i bestseller costano dai sei euro in su).
    Il boom commerciale, tuttavia, pare ormai vicino: le librerie e i negozi di elettronica che espongono ebook reader tra uno scaffale e l'altro sono in crescita, gli acquirenti e i sostenitori del prodotto pure. Un circolo virtuoso che, come dimostrano i dati di vendita negli USA e nel Regno Unito, tocca puntualmente un picco nel periodo natalizio. Vedremo cosa capita.
  • Ostacolo di tipo tecnologico III: i pagamenti online non sono ancora la norma. A differenza di un mercato come quello statunitense in cui la carta di credito è utilizzata anche per le transazioni più piccole, qui si privilegia ancora la cartamoneta. Questa riottosità rallenta lo sviluppo di altri fenomeni web come il crowdfunding, ovvero la possibilità di raccogliere fondi convincendo gli utenti della bontà di un proprio progetto (www.kickstarter.com è uno degli esempi più noti). Sentite cosa dice Chiara Spinelli, project manager dell'italianissimo Eppela, al giornalista Alessio Jacona dell'Espresso: "in Italia si riscontra la paura cronica degli utenti di fare pagamenti on line anche di piccola entità, un ostacolo [...] che soffoca qualsiasi mercato digitale nel nostro Paese". A ciò si aggiunge un dato interessante rilevato dall'Istat: nel 2011 solo un quarto di coloro che hanno effettuato acquisti online hanno comprato testi digitali (un milione e 900 mila persone di età compresa tra i 16 e i 75 anni).
  • Ostacolo di tipo socio-culturale: tutti sono in grado di scrivere, ma non tutti sanno scrivere. Suonare la chitarra, girare un film o programmare un videogioco richiede conoscenze tecniche sviluppate nel corso degli anni, ma nel mondo letterario le cose sembrano diverse: la semplice capacità di poter scrivere si traduce automaticamente nella facoltà di scrivere un testo complesso come un romanzo, saltando così a pié pari la necessità di chinarsi su testi, manuali e nozioni basilari di narratologia. In molti rispondono: "Ma se c'è la passione, di cos'altro c'è bisogno?". Lavoro, esercizio e applicazione, ecco cosa. La passione non è sufficiente in campo musicale, videoludico e cinematografico: perché dovrebbe nel mondo letterario?
    È lo stesso motivo per cui, in un'agenzia pubblicitaria, i committenti chiedono aiuto per la realizzazione grafica di un concept ma si illudono di essere in grado di rimpiazzare il lavoro del copywriter. Una tendenza che porta al seguente luogo comune: "in Italia in pochi hanno letto più di venti libri nella loro vita, ma tutti hanno un romanzo nel cassetto."
  • Ostacolo legato alla fruibilità dei testi: scarsa immediatezza = difficoltà e lungaggini nel determinare la qualità di un prodotto. Quanto tempo si impiega ad ascoltare una canzone? Quattro minuti. A guardare un film? Una novantina di minuti. A portare a termine un videogioco? Da poche a decine di ore, un po' come il tempo richiesto per leggere un libro. Ma quanto tempo si impiega a capire che una canzone è stonata, un film amatoriale o un videogioco pieno di bug? Pochi secondi, e questo anche se il fruitore è poco esperto del settore. Per un testo letterario, invece, spesso gli errori passano sotto traccia o emergono agli occhi del lettore medio solo dopo decine e decine di pagine. Il motivo? Un po' come illustrato nel punto precedente, quasi tutti sono in grado di leggere un testo, ma non molti sanno evidenziare le pecche contenutistiche o gli errori formali presenti (pensiamo ad esempio alla confusione tra accenti acuti e gravi). Questa difficoltà ingolfa il motore dell'autoproduzione letteraria perché il lettore medio non è pronto e/o capace a determinare autonomamente quale testo è scritto oggettivamente bene e quale no, cosa che spesso sfocia nella mancanza di autocritica nei confronti dei propri testi. Un argomento al quale dedicherò un post nei prossimi giorni.
  • Ostacolo di tipo numerico: il mercato dei lettori è limitato. Secondo i dati Istat, solo un italiano su due dichiara di aver letto almeno un libro nel 2011 ma quasi tutti vanno al cinema per vedere un film, accendono la radio per ascoltare della musica o dispongono di un dispositivo attraverso il quale fruire di un videogioco (smartphone, computer, console,...). Per di più, il mercato letterario spesso non si autoalimenta: anche coloro che dovrebbero dimostrarsi più sensibili alla produzione indipendente - gli autori stessi - non acquistano testi altrui e, se lo fanno, privilegiano i bestseller da libreria a scapito delle piccole realtà locali.
  • Ostacolo di tipo storico: non esistono casi celebri e nostrani di autoproduzione letteraria. La musica indipendente può godere di numerose etichette e festival, il cinema indipendente può contare sul Sundance dal 1978 con tutto ciò che ne consegue, gli smartphone e gli app store hanno favorito la nascita di videogiochi indie. E l'autoproduzione letteraria? Al di là delle diverse figure di riferimento attive nel mondo anglofono, il mercato italofono non pare avere ancora un simbolo. Inoltre, l'iter tradizionale negli altri settori prevede un periodo di indipendenza seguito (nella migliore delle ipotesi) da un contratto con una grossa casa, ma nel mondo della letteratura sembra che i primi passi debbano esser fatti sempre in simbiosi con una casa editrice, seppur piccola. Il giorno in cui un autore sfonderà veramente con un testo autoprodotto o una grande penna passerà all'indipendenza, il movimento guadagnerà popolarità e forse riuscirà ad andare oltre allo stereotipo "testo autoprodotto = testo scartato da un editor e/o di serie B".

domenica 26 agosto 2012

Granieri, una voce da ascoltare e seguire

Chi si interessa di autoproduzione ed editoria digitale probabilmente il suo nome lo conosce già ma, nel dubbio, è giusto dedicargli un post. Sto parlando di Giuseppe Granieri (vedi qui la biografia), giornalista italiano che in questi mesi sta facendo molto per informare e dissolvere le perplessità del grande pubblico su e-book e compagnia bella. Anche grazie a Terza Pagina, la sua rubrica sulle pagine della Stampa (un indirizzo web da inserire immediatamente tra i link preferiti), Granieri dedica periodicamente pagine e approfondimenti all'argomento.

La natura dei suoi articoli per La Stampa è triplice. Innanzitutto Granieri svolge un servizio di rassegna stampa che tiene aggiornati i lettori sugli sviluppi del mercato mondiale. Per far ciò, il giornalista segnala alcuni articoli dei più importanti giornali internazionali (Stati Uniti e Gran Bretagna su tutti) e diversi post di blogger molto noti nel settore. Dopo una corposa introduzione in italiano ai diversi pezzi, Granieri aggiunge il link diretto all'articolo a cui fa riferimento affinché gli utenti anglofoni possano approfondire l'argomento. Questo post di Dean Wesley Smith intitolato "The Secret Myth of Traditional Publishing", ad esempio, l'ho trovato grazie a lui e merita sicuramente di essere letto per comprendere le differenze tra editoria tradizionale e autoproduzione letteraria.

In secondo luogo, Granieri si concede riflessioni legate al futuro che possono essere di grande aiuto alla Penna indipendente italofona, dato che il mercato digitale dalle nostre parti non ha ancora avuto quel successo che negli Stati Uniti pare già assodato e consolidato. "Istruzioni per vendere gli ebook tra un paio di anni" è un post illuminante che parla del passaggio dal mercato cartaceo a quello digitale e del conseguente stravolgimento delle nostre abitudini. "Il costo di questo slittamento - scrive Granieri - è che i contenuti (che siano video, notizie o romanzi) diventano abbondanti, mentre noi veniamo da un mercato disegnato per vendere i prodotti culturali come 'risorse scarse'." Una rivoluzione che ha effetto diretto su prezzi, modalità di fruizione e così via. Stesso discorso per lo scritto "Come avere successo con il self-publishing" che, a scapito del titolo, non offre formule magiche ma solo ottimi consigli.

Infine, ma più raramente, il giornalista attinge alla propria sfera personale per parlare dei dubbi del lettore medio sugli e-book, interrogativi quantomai attuali al giorno d'oggi. A tal proposito l'ultimo post del 22 agosto ("Il profumo della carta") è una lettura che consiglierei a tutti, siano essi sostenitori o detrattori dell'e-book. Nessuno escluso.

Per avere ulteriori informazioni su Giuseppe Granieri e su ciò che scrive, consiglio anche di visitare il suo blog personale BookCafe.net.

martedì 14 agosto 2012

Passo #6: conoscere i vantaggi - Manifesto dell'autoproduzione (decalogo)

Inutile negarlo: l'autoproduzione letteraria crea molto scetticismo tra i lettori. L'assenza di una casa editrice, presunta garante di qualità letteraria, spinge molti di loro a sentire puzza di fregatura e a ritenere l'autore indegno dei loro soldi. Eppure qualche volta bastano pochi minuti per illustrare ai detrattori le ragioni - spesso incontestabili - che stanno dietro a tale scelta. Ecco quindi perché intitolo questo posto "Manifesto dell'autoproduzione" ed elenco i dieci vantaggi dati dall'autoproduzione per la pubblicazione di opere in formato cartaceo e digitale.
  1. Libertà di impostare il prezzo. In un mercato digitale in cui gli ebook costano ancora troppo (media di 6-8 euro per quanto riguarda le grosse case editrici), la possibilità di decidere il prezzo di vendita può essere determinante. Stessa storia per il prodotto cartaceo, con l'autore che può fissare l'asticella in base al costo di produzione e alle percentuali dei distributori - se vuole affidarsi a essi per la diffusione del titolo. Inoltre, la penna indipendente può elaborare strategie di vendita con sconti in determinati periodi dell'anno, ad esempio nel periodo natalizio. Diversi autori importanti, inoltre, abbassano il prezzo delle proprie opere per un certo periodo e, una volta incrementate le vendite e scalate le classifiche, reimpostano il valore originale. Semplice, ma funziona.
  2. Si guadagna di più. Io non ho deciso di affidarmi all'autoproduzione per ragioni economiche, ma certo questo è un ragionamento che vale molto agli occhi di un interlocutore qualunque. Dalle mie parti un romanzo di 260 pagine viene venduto in media a 18-20 euro con ricavo dell'8-10% per l'autore (al massimo 2 euro, quindi). Con un qualunque Print on Demand (tipo lulu.com) è possibile vendere al medesimo prezzo con guadagno triplicato pur cedendo la tradizionale percentuale del 35-40% al libraio. Non parliamo poi degli ebook: un editore tradizionale offre il 25% dei ricavi, ma le piattaforme più importanti garantiscono alle penne indipendenti percentuali che vanno dal 50 all'80%. Anche in questo caso il vantaggio è evidente.
  3. Incassi immediati. Come è noto le case editrici tradizionali pagano i diritti d'autore una volta all'anno, solitamente attorno al mese di marzo. Fino a poco tempo fa credevo che i ritardi nei pagamenti fossero episodi rari, ma ho dovuto ricredermi dato che un mio amico attende da cinque mesi il versamento da parte di una casa editrice di medie dimensioni. L'autoproduzione, per contro, garantisce i pagamenti alla fine di ogni mese, via e-banking o assegno. E se uno scrive per avere qualche soldo in più a fine mese al fine di fronteggiare meglio spese e bollette, questo fa la differenza.
  4. Libera scelta della copertina. Dopo il prezzo, la copertina è la cosa che aiuterà di più le vendite del vostro libro. Questo punto può tuttavia rivelarsi un'arma a doppio taglio. Buon gusto e un bravo grafico possono portare a copertine eccellenti e visibili anche in formato ridotto, fattore indispensabile per colpire l'internauta sui vari shop online; un ulteriore vantaggio è dato dall'inesistenza di standard editoriali imposti dall'alto - pensiamo per esempio a determinati sfondi o caratteri utilizzati da alcune case editrici per le loro collane. Al contempo, tuttavia, la mancanza di mezzi adeguati potrebbe portare alla creazione di un un'immagine scarna e mal realizzata. Questo è uno dei tanti rischi dell'autoproduzione: si ha libertà su tutto, ma bisogna dimostrare di esser bravi a scegliere i collaboratori giusti (a tal proposito, ecco il post dedicato).
  5. Possibilità di accedere al mondo degli ebook. Sono ancora molte le case editrici che non offrono la possibilità di trasporre l'opera cartacea in ebook, e se questa è contemplata, la distribuzione digitale potrebbe avvenire solo su determinati portali. L'autoproduzione permette di aprirsi ai formati PDF, EPUB e MOBI senza limitazioni o costi aggiuntivi: basta dedicare un po' di tempo all'impaginazione e alla risoluzione di eventuali ostacoli informatici. Inutile aggiungere che il formato digitale amplia di molto le prospettive di vendita: grazie a Internet si può vendere (per esempio) a italiani residenti all'estero, con conseguente abbattimento delle frontiere.
  6. Assenza di lucchetti digitali. I DRM (Digital Rights Management) sono particolarmente odiati dai lettori di ebook poiché complicano il download e richiedono il puntuale aggiornamento del sistema; nonostante ciò, sono numerose le case editrici che ancora lo adottano. Autoproduzione significa poter decidere di levare questi lucchetti per favorire la diffusione dell'opera.
  7. Modifiche e aggiornamenti in ogni momento. Questo punto viene spesso sottovalutato, ma mi è tornato in mente di recente durante l'incontro con un autore. Mi ha detto che, dopo il buon successo riscontrato dal suo libro, aveva fornito al proprio editore una lista di correzioni da implementare in vista della seconda tiratura. Ebbene, i suggerimenti non sono stati raccolti e la seconda edizione è uscita con i medesimi errori della prima. Grazie all'autoproduzione qualunque editore è libero di modificare in tempo reale la propria opera ed essere certo che da quel momento in avanti nessuno si troverà confrontato a un errore marchiano o a un refuso. Inoltre, se l'opera tratta di un tema d'attualità, la penna indipendente può aggiornarla in base alle novità che emergono nel corso del tempo.
  8. Tempestività e scelta della data di pubblicazione. Se avete scritto un "instant book" o affrontate una tematica legata a un preciso periodo (ipotizzo: un libro sulle celebrazioni di Halloween) l'autoproduzione vi permette di pubblicare nel periodo che più preferite. Questo vantaggio non è da sottovalutare: conosco autori che hanno dovuto rinviare la pubblicazione del proprio romanzo di mesi e mesi poiché il momento era giudicato poco propizio. E senza possibilità di replica.
  9. Anteprime a proprio piacimento. Io sono convinto che regalare un buon numero di pagine al lettore sia l'arma più efficace per convincerlo della propria bravura e della validità del libro. Sono poche le case editrici che caricano sul proprio sito tot pagine di anteprima scaricabili gratuitamente, e spesso si tratta solo del primo capitolo. Grazie all'autoproduzione uno può scegliere di offrire metà dell'opera o più a chiunque lo richieda, sperando così di incuriosire l'utente e portarlo all'acquisto. Io ho fatto proprio così con "Quelli del bar Bocc" su Smashwords: la prima metà del testo (oltre 50 pagine) sono disponibili a tutti.
  10. Investimento sul medio-lungo termine. Un contratto editoriale standard prevede che l'autore cedi i diritti dell'opera per 15-20 anni. Nonostante il lungo periodo di tempo, spesso l'impegno e l'appoggio della casa editrice si consumano nel giro dei primi 6-12 mesi. L'autoproduzione vi pone al pieno comando della vostra opera senza limiti di tempo e vi rende responsabili di ogni scelta relativa ad essa. Ipotizzando il contratto con una casa editrice tradizionale e la vendita di 1000 copie cartacee (un ottimo risultato per un esordiente!) nel corso del primo anno, la grande domanda è: siete sicuri che in dieci, quindici o vent'anni non riuscirete a ottenere lo stesso risultato grazie ai vostri ebook e alle copie cartacee appositamente stampate?

sabato 28 luglio 2012

Intraprendenza + passione = vendite

L'autoproduzione letteraria ben si sposa alle iniziative personali di autori esordienti che amano sperimentare nuove formule letterarie da promuovere con siti e blog costruiti ad hoc. Ecco l'esperienza di tre giovani autori esordienti (o Penne indipendenti italofone, come da etichetta) che possono fornire utili spunti a chi intende intraprendere un'avventura del genere.

Simone Sacchini, siciliano 27.enne, ha forgiato raccontiapuntate, portale web in cui sono raccolti racconti di stampo umoristico, tragicomico e drammatico contraddistinti da una precisa particolarità: sono tutti suddivisi in unità minime che si possono leggere in appena due minuti. Il sito ha inoltre permesso al giovane di lanciare una rubrica mensile legata a dei consigli di lettura e la pubblicazione di un libro autoprodotto.

Anche Davide Frangella ha adottato una strategia simile dando vita a "Racconti brevissimi", venduto a meno di un euro su Amazon Kindle e altri canali. L'opera è stata criticata per alcune sbavature a livello di forma e di contenuto e anche la lunghezza del testo - undici racconti per una manciata di pagine - non ha soddisfatto tutti i lettori, ma Frangella è comunque riuscito a scalare alcune classifiche di vendita online per un certo periodo. Nel forum di Simplicissimus è possibile avere una rassegna delle recensioni ottenute dall'autore negli scorsi mesi.

Ultimo ma sicuramente non ultimo, il caso esemplare di Zero Calcare (28 anni) che ha creato un blog dove caricare le proprie vignette (raccomandatissime) e si è lanciato nell'autoproduzione letteraria in formato cartaceo arrivando alla quinta tiratura nel giro di poche settimane (maggiori info a questo indirizzo). Il volume è inoltre stato ristampato da una casa editrice - la Bao Publishing - a colori.
Il gran seguito generato dai disegni di Zero Calcare e gli ottimi riscontri a livello commerciale dimostrano come l'autoproduzione richieda sì tempo ed energie - lo stesso fumettista parla dei lunghi viaggi per rifornire le librerie in più vignette -, ma è in grado di portare a importanti risultati. Certo i fumetti rappresentano una forma di espressione molto più immediata di un qualunque testo scritto, ma il risultato non cambia: se uno offre prodotti validi nessuno contesta la mancanza di un editore. L'importante è far passare il messaggio e sperare nel passaparola, la forma più potente di marketing. E come Zero Calcare dimostra, blog e reti sociali aiutano. E molto.

venerdì 13 luglio 2012

Amazon, formula di un successo

Ho atteso un po' prima di scrivere del Kindle Direct Publishing (KDP), il servizio di autopubblicazione di Amazon, per dare modo ai miei due ebook ("690 anni dopo e altri racconti" e "Sulle tracce di Re Artù" in vendita al prezzo minimo disponibile) di sperimentare sulla loro pelle digitale le peculiarità di questa piattaforma. Ecco in breve sintesi i motivi per i quali Amazon gode di un buon margine sui diretti concorrenti nel campo dell'editoria digitale.

A differenza dei due portali presentati sino a ora in questo blog (Smashwords e Stealth), KDP ha innanzitutto un grosso vantaggio: distribuisce i libri digitali su canali di vendita gestiti da lui stesso. Ciò facilita e velocizza qualunque modifica legata al contenuto, al titolo o alla copertina del libro. Basta caricare la nuova versione e l'aggiornamento verrà inoltrato in poche ore ai sei siti di vendita: amazon.com, amazon.co.uk, amazon.de, amazon.fr, amazon.es e soprattutto amazon.it. Le altre piattaforme invece richiedono più tempo, poiché il messaggio deve venire trasmesso a siti esterni.

Un altro pregio del KDP è la sua comunità online che risponde con solerzia e precisione a qualunque domanda legata alla pubblicazione, alla formattazione e alla vendita degli ebook. A onor del vero la sezione italiana non offre molti consigli - numerosi topic sono utilizzati solamente per promuovere i libri dei soliti utenti, ma quella inglese brilla per completezza e professionalità.

Per il resto, il KDP è caratterizzato da un sistema di gestione semplice ma allo stesso tempo professionale grazie al quale controllare lo stato delle vendite e i dettagli legati alla presentazione della propria opera. Un ottimo strumento, insomma, per chi punta all'autoproduzione e agli utenti Amazon, in possesso quindi di uno dei dispositivi Kindle o di un'applicazione dedicata per tablet o smartphone. E non sono pochi.

domenica 24 giugno 2012

Passo #5: collaborare coi professionisti giusti

Nel mondo dell'autoproduzione letteraria (o self publishing, secondo l'imperfetto corrispettivo inglese) non sempre chi fa da sé fa per tre. La necessità di rimpiazzare in tutto e per tutto i servizi garantiti da una casa editrice, infatti, porta l'autore a fronteggiare situazioni che vanno spesso al di là delle sue capacità. Se infatti uno scrittore può cavarsela bene con lettere di presentazione, curricula vitae vari e revisioni del manoscritto, è più raro che riesca a sopperire da solo ad altre necessità. Vediamone alcune e in che modo è possibile trovare in Rete dei professionisti in grado di dare una mano senza richiedere cifre astronomiche. Allego poche righe sulla mia esperienza personale che, forse, può fornire ulteriori spunti.

Correzione bozze ed editing: per correzione bozze si intende una prima revisione del testo con interventi a livello di forma (errori ortografici, refusi, punteggiatura scorretta,...). Le operazioni di editing possono invece riguardare il testo nella sua interezza con modifiche legate alla trama, alla caratterizzazione dei personaggi e alla narrazione degli eventi. L'editor (o curatore editoriale, in italiano) suggerisce allo scrittore come esaltare le qualità del testo levando il superfluo o riscrivendo intere scene - un esempio molto popolare riguarda un racconto di Raymond Carver intitolato inizialmente Beginners sul quale ha lavorato l'editor Gordon Lish. Professionisti del genere sono spesso affiliati ad agenzie letterarie che, oltre a questi servizi, propongono schede di valutazione, si mettono a disposizione per rappresentare l'opera di fronte agli editori dietro pagamento di una percentuale e offrono pure consulenza legata al ghost writing. Basta cercare su un qualunque motore di ricerca "agenzia letteraria" per trovarne a iosa. Consiglio di informarsi bene su prestazioni e costi dei singoli servizi nonché sulla fama dell'agenzia letteraria scelta per evitare di rimanere delusi una volta pagato il lavoro; il forum di Writer's Dream (di cui ho già parlato qui), ad esempio, ha una sottosezione dedicata al tema.
Il mio caso: dovendo ricorrere a un editor per valutare un mio manoscritto di circa 220 cartelle (440 mila battute) e ottenere preziosi consigli, ho scelto l'assistenza offertami dall'Agenzia Duca che, tra le altre cose, offre chiare spiegazioni sui principi e i servizi offerti. Il motivo? Mi ritrovo molto nelle sue spiegazioni su ciò che rende buono un testo e sul fondamento dello "show, don't tell" ("mostra, non raccontare") che Il Duca difende a spada tratta. Inoltre questo esempio di editing mi ha dimostrato la qualità e la fondatezza di molti dei suoi interventi - da leggere anche il commento dell'autore editato.
Prezzo: 150 euro (180 franchi circa) per valutazione e quasi venti pagine di editing con consigli e suggerimenti di vario carattere. Trovo che affidarsi a un editor dia non solo risposte oggettive su come si scrive, ma rappresenti un azzecatissimo investimento sul medio-lungo termine per migliorare il proprio stile.

Informatica: l'apporto dato da un buon informatico non riguarda solamente la costruzione e la pubblicazione di un sito Internet dedicato al libro o all'autore, ma anche l'impaginazione del testo in vista della pubblicazione cartacea e digitale. Con applicazione e le giuste istruzioni chiunque abbia un po' di dimestichezza col computer è in grado di cavarsela da sé, ma se non si ha tempo e voglia è sempre possibile affidare il lavoro a qualcun'altro. Il mio consiglio è quello di contattare qualcuno di giovane e talentuoso - meglio se reperibile nella cerchia dei propri amici e conoscenti - ma la gamma di scelte in Rete o in una qualunque città è tale che lascio la scelta al singolo autore.
Il mio caso: sono un puro autodidatta. Per il mio sito Internet mi sono affidato a un provider statunitense e ho imparato a utilizzare Joomla, un software di content management. Per il blog ho scelto blogspot, ma ho imparato anche ad utilizzare Google Sites; per impaginare il manoscritto di cui ho parlato sopra mi sono basato su diversi manuali tra cui quello di Smashwords di cui ho già parlato poco tempo fa.
Prezzo: 100 dollari all'anno (circa 90 franchi) per lo spazio web e il dominio del mio sito Internet. Il resto è gratuito.

Grafica: l'art director di un libro si occupa di tutto ciò che riguarda l'aspetto grafico del testo. Insieme all'autore sceglie - tra le altre cose - la dimensione e lo stile dei caratteri tipografici, l'impostazione grafica del titolo e, soprattutto, l'aspetto della copertina. Si tratta di un punto fondamentale in libreria, sia essa reale o virtuale: la maggior parte dei lettori che prenderà in mano il vostro libro o aprirà la pagina Internet dedicata lo avranno fatto poiché attirati dalla sua grafica. Il mio consiglio è quindi quello di non lesinare su questo aspetto affidandosi al fai da te, a meno che non siate veramente capaci a utilizzare Photoshop. Se non avete amici in grado di aiutarvi, potete cercare un cover artist su Internet (anche Joe Konrath parla del suo sul suo blog) o affidarvi a un sito molto interessante che raduna opere di artisti provenienti da tutto il mondo: DeviantArt. Se trovate un'immagine che vi piace basta pagare la somma richiesta - di solito una manciata di dollari - e adoperarla per i vostri scopi personali. Non pensate a questo portale come un semplice piano B: c'è un libro italiano che pochi anni fa ha venduto oltre un milione di copie in tutto il mondo e aveva in copertina una foto tratta proprio da DeviantArt. Volete sapere il titolo? Guardate qui.
Il mio caso: l'unico programma di grafica con cui me la cavo è Paint, il che è tutto dire. Mi sono quindi affidato a uno dei miei migliori amici nonché grafico dandogli qualche indicazione iniziale per poi lasciarlo lavorare liberamente. Il risultato mi ha soddisfatto molto.
Prezzo: 200 euro (circa 240 franchi), ma come detto: la grafica è importante e ne valeva la pena.

Vi sono molte altre figure professionali legate all'editoria (si veda la sempre ottima Wikipedia), ma quelle illustrate qua sopra sono a mio parere le più importanti per una Penna Indipendente. E ora, be', direi che è tempo di mettersi al lavoro.

lunedì 11 giugno 2012

Autoproduzione: chi la promuove e chi la molla

Nuovo post e nuova quadrupletta di blog interessanti che informano sul mondo dell'autoproduzione letteraria, dell'editoria e della scrittura in generale. Che siate Penne Indipendenti o meno non importa: i consigli presenti su questi quattro siti sono buoni per tutti.

  • Self Publishing Lab: ammettiamolo, il sito non è aggiornato in maniera regolarissima ma ha il pregio di riunire sotto un unico tetto (virtuale) numerose iniziative dedicate all'autoproduzione letteraria. Dai post e le guide dedicate agli autori indipendenti ai workshop e alle conferenze organizzate in tutta Italia, il portale è un faro nell'editoria italiana e per questo va seguito con molta attenzione, un po' come hanno fatto alcuni editori già proiettati verso il futuro (da notare l'interessante post di uno di loro in cui spiega perché invita i suoi autori a informarsi sull'autoproduzione letteraria);
  • Baionette Librarie: il blog è gestito da Il Duca che, al di là del nom de plume nobiliare, è fortemente orientato all'attualità e al futuro dell'editoria. I suoi post sono spesso lunghi e tecnici, ma questo non è un punto debole, anzi: Il Duca sostiene tutto ciò che dice con dati, fatti e dimostrazioni, risultando puntuale e accurato nella maggior parte delle sue affermazioni;
  • il sito di Antonio Agrestini: sono finito a questo indirizzo Internet grazie a un post intitolato "Editoria a pentimento" in cui l'autore - 39.enne di Roma - racconta del perché ha preferito lasciar perdere l'autoproduzione letteraria. La motivazione principale riguarda i tempi non ancora maturi per la diffusione dell'ebook su larga scala che portano gli autori indipendenti a essere visti come "scribacchini vanitosi e presuntuosi", dato che ai loro testi mancherà sempre qualcosa che solo i professionisti del settore (editori, critici,...) possono dare. Infine, la necessità di investire molto tempo nel marketing per far sì che la propria opera vada oltre la cerchia di amici e conoscenti. Trovo il post di Agrestini molto interessante poiché analizza in maniera critica e concisa le difficoltà dell'autoproduzione letteraria, toccando argomenti che condivido in toto - specie quando parla della mole di lavoro richiesta all'autore. Nei suoi panni, tuttavia, non mi sarei tirato indietro: i tempi non sono ancora maturi, certo, ma è forse questo l'unico momento in cui i piccoli editori e le Penne Indipendenti possono approfittarne per farsi conoscere e approfittare di nicchie di mercato composte da possessori di e-book reader che non vogliono acquistare libri digitali a otto euro o più. Infine mi dispiace, perché avrei scaricato con piacere l'ebook di Agrestini divenendo un suo nuovo lettore ma, sfortunatamente, è stato levato dalla Rete;
  • il Mestiere di Scrivere di Luisa Carrada: come chicca finale un blog molto famoso gestito da una persona che, di scrittura, ne sa parecchio. La Carrada - scrittrice professionista da oltre dieci anni - offre consigli di tutti i tipi e fornisce spunti di riflessione a 360 gradi su come la parola scritta possa comunicare al meglio una porzione di significato. Qua si parla quindi di infografiche, di lessico, di mostre d'arte, di burocratese, di grandi scrittori, del linguaggio dei media, di mappe mentali, di web marketing, di siti internet, e così via. Rivolto a tutti coloro che amano scrivere di tutto.

lunedì 28 maggio 2012

Manuali di scrittura: una selezione

Penso che ogni scrittore debba leggere dei buoni manuali di scrittura lungo il corso di tutta la sua carriera letteraria. I concetti sono spesso ripetuti, i casi degni di nota si assomigliano tutti, i consigli sono più o meno sempre gli stessi. Eppure questo è un vantaggio poiché, come dicevano i latini, repetita iuvant. E fanno imparare.

In questo post presento sei tra i manuali di scrittura letti negli ultimi mesi che più mi sono stati utili: tre sono nati in formato cartaceo e tre sono stati scritti su blog e siti online, quindi a disposizione di tutti. Ho cercato di variare e trovare dei testi caratterizzati da un'impronta ben precisa, in modo da permettervi di trovare quello più adatto a voi.
  • Franco Forte, Il prontuario dello scrittore: un agile volumetto che spiega alcuni concetti alla base della narrazione moderna e illustra i problemi più comuni rilevati nello stile degli esordienti, e non solo. Inoltre, offre suggerimenti su come proporre un manoscritto agli editori;
  • Massimo Birattari, È più facile scrivere bene che scrivere male: il titolo dice tutto, ma bisogna sottolineare il fatto che l'autore non si rivolge solamente agli autori di narrativa, ma anche a chi ha a che fare quotidianamente con la scrittura. I suoi consigli mirano comunque al raggiungimento di uno stile leggero, agile e semplice, valido pertanto in ogni genere di contesto;
  • Stephen King, On Writing. Autobiografia di un mestiere: si tratta di un libro a metà tra un'autobiografia e un saggio sulla scrittura. Se ne ricavano comunque interessanti indicazioni sul mestiere dello scrittore - specie quando si parla di rifiuti da parte delle case editrici;
  • Come scrivere un romanzo in 100 giorni: il concetto è interessante; una lezione al giorno per oltre tre mesi, così da arrivare alla fine del periodo con un testo nuovo di zecca tra le mani. Da consigliare a chi ama fare poco (ma con costanza) e a chi non sa cosa fare quest'estate;
  • I Manuali di Gamberetta: 1-Descrizioni; 2-Dialoghi; 3-Mostrare: lei è una blogger molto conosciuta in Rete soprattutto per le sue spietate recensioni di romanzi fantasy. Sostiene che al giorno d'oggi numerosi problemi di stile derivino dalla mancata osservanza di una semplice regola: "show, don't tell". Secondo questa legge, insomma, anziché raccontare che "Pietro era visibilmente stanco" bisogna mostrare la sua stanchezza: descrivere le occhiaie, lo sguardo spento, la testa a ciondoloni. Il lettore deve capire da solo che era stanco, un po' come capita nella vita di tutti i giorni quando incontriamo un amico e gli chiediamo: "Fatto le ore piccole?" Le esternazioni di Gamberetta nei confronti degli scrittori moderni - spesso nell'ambito fantasy - non sono sempre condivisibili, ma i suoi insegnamenti sono preziosi. E pure divertenti, il che non guasta. Da notare inoltre che di recente ha pubblicato un post sugli errori più comuni rilevati nei testi su cui lavora in qualità di editor. Da leggere con attenzione;
  • Corso di scrittura di Fabio Bonifacci: sceneggiatore e scrittore, ha realizzato il corso per rispettare una vecchia promessa; è suddiviso in cinque lezioni e, dalla quarta in avanti, è richiesta solamente un'iscrizione gratuita al sito per proseguire nella lettura. Bonifacci è un professionista, sa quello che scrive e si vede; il suo è un approfondimento a tutto tondo sulla professione dello scrittore e gli ostacoli che costellano il percorso verso la realizzazione di un testo (racconto, romanzo, sceneggiatura,...).